Finalmente, riprendiamo a confrontarci sull’attualità riflettendo sulla manifestazione del 15 ottobre a Roma. Premetto che L’Anarchico non è coinvolto nella fase organizzativa e, conseguentemente, questo articolo intende solo proporre delle riflessioni basate sulla percezione della realtà derivata da resoconti di terzi. In particolare, segnalo un breve articolo apparso su Black Blog e i comunicati rintracciabili sul sito Anarchaos. Inoltre, alcun* compagn* hanno condiviso le loro riflessioni in modo molto interessante sulle colonne di Umanità Nova. Quindi, mi piacerebbe che compagn* mi vengano in aiuto anche qui su L’Anarchico mettendo in evidenza eventuali lacune nel mio ragionamento e/o spunti anche critici.
Partiamo da una breve disamina del movimento degli indignados spagnoli (o Movimiento 15M) che, prendendo spunto dalla c.d. “primavera araba”[1] e dalla rivolte in Grecia, hanno occupato per diverso tempo le piazze spagnole a partire dal 15 maggio 2011 e hanno contribuito a diffondere la protesta contro l’attuale situazione politica internazionale in altri paesi occidentali. In tutto il mondo si assiste ad un risveglio delle classi che hanno subito maggiormente i danni del fallimento del capitalismo globale e i focolai di protesta hanno raggiunto, infine, anche gli Stati Uniti d’America ove il movimento Occupy Wall Street si sta allargando a macchia d’olio nelle ultime settimane.
Il movimento spagnolo è particolarmente importante poiché proprio gli indignados spagnoli hanno lanciato la proposta di manifestare in tutti i paesi europei (invito poi esteso a tutto il mondo) il 15 ottobre 2011 con lo slogan “People of the world rise up!” che significa testualmente “Popoli del mondo solleviamoci!”. Non intendo fornire un resoconto di quanto avvenuto negli ultimi mesi in Spagna e altrove nel mondo, anche perché molti altri l’hanno già fatto[2], ma mi interessa sottolineare che alcuni aspetti che considero importanti.
In primis, gli spagnoli hanno costruito ex novo una piattaforma virtuale chiamata Democracia Real Ya! Ovvero Vera Democrazia Adesso! costituita principalmente da cittadini ma anche da piccole organizzazioni apartitiche e asindacali quali Attac España, associazioni di sfrattati, studenti e disoccupati, etc. Questa piattaforma, attiva su alcuni social network (come Facebook tanto per intenderci), ha evitato accuratamente gli approcci di partiti politici e sindacati promuovendo la prima manifestazione il 15 maggio 2011 e quelle successive su basi apartitiche e asindacali ma non, ovviamente, apolitiche. Questo per evitare che partiti e sindacati, parte integrante dell’attuale sistema politico ed economico, potessero in qualche modo avvantaggiarsi recuperando un diffuso sentimento antisistema a fini elettorali o di delega tradizionale.
Questa mi pare una differenza fondamentale rispetto alla situazione del movimento “anticrisi” italiano finora, nel quale i partiti della tristemente nota “sinistra radicale” ex di governo e i sindacati c.d. “alternativi” appaiono non soltanto ben visibili in termini di bandiere ma sembrano centrali anche negli aspetti organizzativi delle mobilitazioni. Questa centralità si nota dai resoconti delle assemblee organizzative della manifestazione del 15 ottobre in Italia ove le sigle sindacali e politiche, a volte nascoste dietro sigle di facciata, rimangono protagoniste. Nel caso di Udine, addirittura la manifestazione del 15/10 avrà il patrocinio del Comune (retto dal centrosinistra). D’altra parte, mi sembra di poter dire che il grado di partecipazione della cd “società civile” al movimento anticrisi italiano sia ancora molto inferiore a quello che, nel frattempo, si è coagulato in altri paesi occidentali come la Spagna o gli stessi USA.
Queste non sono le premesse migliori per un “risveglio” delle coscienze che possano lottare almeno per una “vera democrazia” nel nostro paese. Da un lato, l’attivismo dei soliti noti cavalcatori di proteste popolari, ad uso e consumo delle proprie mire di potere, scoraggia la partecipazione e, d’altra parte, il relativo disimpegno delle fasce sociali deboli italiane nei confronti dell’attivismo politico lascia spazio a tutta una serie di cariatidi che, invece, nelle mobilitazioni estere sono state semplicemente marginalizzate.
Un altro aspetto che andrebbe sottolineato da un punto di vista anarchico è che, in effetti, i promotori della manifestazione hanno proprio scritto “rise up/sollevatevi” ovvero c’è qualcosa di rivoluzionario nelle intenzioni delle persone che stanno costruendo questo movimento. Molti si limitano a desiderare un sistema autenticamente democratico e senz’altro ci sono molti modi differenti di declinare la democrazia (ovvero il governo del popolo). Ma la presa d’atto che il nostro sistema non è realmente democratico è il primo passo per cambiarlo in meglio e radicalmente. E questa è una notizia estremamente importante per noi anarchici, perché significa che il concetto di rivoluzione sta tornando vivo nell’immaginario collettivo e questo può produrre una forza prorompente di potenziale cambiamento sociale. Su questo blog abbiamo già più volte affrontato come cruciale il concetto di rivoluzione anche partecipando ad un convegno nazionale sull’argomento l’anno scorso. Ma qui non si parla più solo di teoria ma anche di come mettere in pratica una strategia che possa portare ad un cambiamento reale e l’azione è decisamente più eccitante.
Non appena i precari, gli studenti, i lavoratori si saranno svegliati dal loro torpore, spesso televisivo (a proposito, lancio un appello ad organizzare uno sciopero ad oltranza della TV perché il tempo liberato sia dedicato a migliorare la propria vita), ritengo che si accorgeranno dell’estrema gravità della situazione e saranno spinti all’azione dalle circostanze. A quel punto, l’ultimo dei problemi sarà quello di ridurre alla loro reale consistenza politica i partiti giustizialisti e (pseudo-) radicali con le loro propaggini sindacali e movimentiste. Si tratta infatti di soggetti che hanno già ampiamente dimostrato, in anni passati, di essere capaci di giravolte incredibili quando si tratta di gestire una fettina di potere e la loro credibilità è davvero ridotta al minimo. Inoltre, un movimento realmente autogestito necessita di acquistare fiducia in sé stesso attraverso una tattica accorta, in questa delicata fase politica, al fine di rivitalizzare un circuito di attivismo e coinvolgere le masse in azioni concrete e non episodiche.
Come altre compagne e compagni hanno già giustamente sottolineato, un cambiamento radicale della nostra società non si produce con una manifestazione di piazza, neanche fosse di partecipazione oceanica. Per assurdo, anche l’insurrezione di milioni di persone non è garanzia di ottenere cambiamenti in meglio e che possano durare nel tempo. Una sollevazione impreparata a livello popolare e gestita da una piccola minoranza è il miglior viatico per involuzioni di tipo autoritario. L’unica rivoluzione libertaria che sia stata mai realizzata attraverso l’insurrezione su larga scala (quella spagnola del 1936) era stata preparata in senso teorico e pratico da svariate migliaia di persone organizzate in un sindacato autogestito che aveva all’epoca più di un milione di iscritti (la CNT). Di conseguenza, occorre lavorare tutti i giorni per l’autogestione a tutti i livelli per produrre cambiamenti che poi possano favorire un cambiamento generalizzato di tipo politico.
Penso anche che la manifestazione del 15 ottobre sia una buona opportunità per il nascente movimento anticrisi italiano per acquistare fiducia nei propri mezzi e, quindi, penso sia molto importante che la manifestazione sia partecipata e comunicativa, soprattutto al fine di gettare le basi per una rinnovata partecipazione ad iniziative quotidiane di lotta e di proposta autogestionaria. Così come esistono grandi potenzialità positive, ritengo però anche che aleggi un grave pericolo di affossare un movimento che soprattutto in Italia, a mio avviso, è ancora troppo immaturo per concedersi errori gravi.
Uno dei pericoli che vedo all’orizzonte (e che spero non si realizzi) è quello della provocazione poliziesca che già in altre occasioni ho avuto modo di trattare sul blog, in particolare per quanto riguarda la manifestazione del 15 dicembre 2010 a Roma dopo la quale abbiamo assistito ad una sostanziale evaporazione del movimento studentesco. Siccome la strategia ha funzionato molte volte in passato, aspettiamoci che ci saranno dei tentativi delle forze di polizia di spingere i manifestanti allo scontro fisico (come, p.es. il 12 ottobre a Bologna). Ci saranno anche compagn* esasperati dalle continue provocazioni e frustrati dall’incapacità di ottenere attenzione e risultati attraverso manifestazioni pacifiche che potrebbero tentare la strada del rioting[3] al fine di provocare danni a quei soggetti percepiti come avversari nella lotta. Questa situazione si è già verificata in molte altre situazioni di conflitto e penso sia indispensabile non nascondersi ed affrontare la questione apertamente prima che sia troppo tardi.
Voglio ribadire cosa penso sull’argomento: un rivolgimento totale della struttura di potere è impensabile senza che i soggetti oggi sottoposti al potere criminale del capitalismo moderno e della sua forma di oligarchia plutocratica siano in grado di imporre la propria forza. La casta dei privilegiati ha a disposizione mezzi economici e media, esercito e polizia e non lascerà che il popolo costruisca una società che annulli i loro privilegi senza combattere: quindi, si pone il problema di come contrastare la reazione dei potenti. Infatti, le élites che governano le nostre società sono disponibili a lasciare il potere pacificamente soltanto in presenza di garanzie sufficienti che la rivoluzione si riduca ad un cambiamento di facciata (vedi, per esempio, in Egitto in cui il potere è passato da un gruppo di militari ad un altro).
Personalmente, spero che in futuro le forze “rivoluzionarie” (non ridete per favore, permettetemi per un attimo di sognare) siano in grado di articolare proposte politiche concrete ed alternative al sistema attuale, nel contesto di una generalizzata adesione delle fasce popolari. Chiaramente, oggi questo scenario è ben lungi dall’essere realistico. Comunque, in quel momento futuro, ci si dovrà confrontare con diverse opzioni di lotta, inclusa quella insurrezionale, e il movimento valuterà le opzioni a disposizione con lucidità date le condizioni che in quel momento prevarranno. Per il momento, quell* che hanno a cuore veramente la possibilità di un cambio radicale politico ed economico in senso libertario dovranno evitare di mandare al massacro l’embrione di un movimento ancora nella sua infanzia. Infatti, anche gli insurrezionalisti più duri e puri dovrebbero concedere che l’insurrezione non è, e non può limitarsi ad un riot o ad una sequenza di riot senza una strategia chiara e condivisa che esplodano sotto la copertura di manifestazioni popolari che poi subiscono una repressione poliziesca ancora più violenta.
A mio avviso, è fondamentale che le compagne ed i compagni si attivino per fare in modo che la manifestazione sia difesa dagli attacchi polizieschi in modo razionale, attraverso un servizio d’ordine autogestito degno di questo nome. Non posso ne voglio addentrarmi sui tecnicismi perché non faccio parte attiva dell’organizzazione, ma confido che chi sta partecipando sappia che cosa intendo e stia prendendo le adeguate misure preventive in caso di provocazioni, attacchi e cariche.
E’ anche auspicabile che quell* che pensano che il rioting sia una forma di lotta vincente nell’attuale situazione (come spiegato io sono dell’avviso totalmente opposto) si prendano la responsabilità di non compromettere un’intera manifestazione e, se proprio non intendono disciplinarsi, si strutturino in modo indipendente al di fuori del corteo. Le diverse modalità di lotta debbono, infatti, essere tutte rispettate e occorre in ogni caso evitare di crearsi nemici fra i propri stessi compagni di lotta.
Le attività di rioting che ho visto realizzate fino ad oggi in Italia all’interno di cortei convocati su piattaforme di manifestazione pacifica non hanno avuto alcun effetto positivo e, anzi, hanno contribuito alla strategia reazionaria di dividere fra manifestanti buoni e cattivi. Anche in Grecia, ove il rioting durante le manifestazioni è una pratica abbastanza diffusa anche all’interno del movimento anarchico, nessuno è mai riuscito a convincermi (e tantomeno lo provano i fatti) di un presunto effetto positivo sull’andamento della lotta sociale e politica. Per quanto ovvio, voglio sottolineare che non considero rioting la reazione ad atti violenti altrui giacché la reazione alla violenza è legittima e ha un nome ben diverso: si chiama autodifesa.
Buona manifestazione a tutt*!
[2] Si veda, per esempio, la voce di Wikipedia sul Movimento 15M: http://it.wikipedia.org/wiki/Proteste_in_Spagna_del_2011
[3] Dall’inglese riot tradotto (non perfettamente) in italiano come sommossa o disordine ovvero l’atto di rompere violentemente ed in modo incontrollato la pace da parte di una folla disorganizzata.
Totalmente d’accordo quando dici che in Italia (ahimè) partiti politici e sindacati la fanno da padrone anche su manifestazioni di carattere prettamente popolare cosa che secondo me non dovrebbe accadere; per il resto, giornalmente mi imbatto nel torpore e nel menefreghismo del piccolo borghese italiano che pensa ai cazzi suoi senza voler rinunciare a niente di quello stesso mondo capitalista che poi vorrebbe combattere; come dire a parole tutti bravi…a parole; chiedi di fare uno sciopero organizzato e tutti si cacano sotto, chiedi di fare una manifestazione in piazza contro le privatizzazioni e la gente se ne fotte onde sganciare poi dopo fior di quattrini per pagare i danni che la stessa privatizzazione crea; sono drogati di televisione e delle cazzate che questa spara giornalmente per tenere docile questa mandria di buoi ( nel calderone metto quiz, fiction, sport, etc); in Italia c’è il malcontento ma non c’è voglia di insorgere, mi dispiace ma è così…alle manifestazioni vedo sempre le stesse persone… unico cenno di risveglio è stato secondo me solo per i quesiti referendari su nucleare e acqua e solo perchè c’è stata gente che si è fatta in quattro per divulgare e promuovere il referendum; comunque sperare non fa male ma la vedo dura… Saluti a tutt*